FACCIAMO LA PACE!

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Buorgiorno reclute! Oggi pubblico un articolo davvero meraviglioso, il più bello da quando ho aperto questo forum! Infatti non l’ho scritto io ahahahaahah!

Chi scrive è un medico, la dottoressa Clara. Sì è un po’ lungo, diverssamente da ciò a cui siete abituati, ma vi prego leggetelo, ne vale davvero la pena! L’obiettivo è quello di sfatare molti misunderstandings dell’alimentazione moderna e a mio avviso ci riesce benissimo!!!

Buona lettura…

“Oggi vi catapulto con me nel campo minato. Perché non so se ve ne siete accorti, ma negli ultimi tempi la discussione sugli stili alimentari infiamma ben più della politica, e nella foga di convincere l’altro della superiorità del proprio pensiero spesso le varie parti riportano informazioni parziali, luoghi comuni e minchiate inesattezze varie.

Ma essendo l’argomento serio perché ne va della salute nostra e del pianeta, vorrei affrontarlo con voi dal punto di vista più scientifico e razionale possibile, senza entrare nei risvolti etici e morali che mi paiono campi giustamente molto personali. Chissà mai che si riesca a fare la pace.

Cercherò di farla breve, chiara e senza troppi pipponi, così nessuno si annoia.

Diamo un po’ di definizioni così ci capiamo. Sostanzialmente ci sono tre stili alimentari principali -onnivori, vegetariani e vegani- e altre correnti un po’ più di nicchia come ad esempio i crudisti (che si nutrono di alimenti crudi o comunque non esposti a temperature superiori a 42 gradi perché le temperature elevate possono alterare le caratteristiche bionutrizionali dei prodotti), i fruttariani (che si nutrono solo di ortaggi la cui raccolta non comporti la morte della pianta, quindi ad esempio pomodori e peperoni si,  lattuga e cereali no) o i respiriani (che sostengono di poter vivere senza mangiare nulla ma solo respirando le energie vitali dell’universo, per quanto la cosa mi lasci alquanto scettica, per usare un eufemismo). Sicuramente ce ne sono mille altre che non conosco ma per citare Amleto “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”, quindi la chiudiamo qui.

Tornando ai gruppi principali, gli onnivori è facile: mangiano tutto, fine. Quindi alimenti sia di origine vegetale (frutta, verdure, legumi, cereali, tuberi, semi, bacche, muschi e licheni) che animale (carne, pesce, lette e derivati, uova).

I vegetariani evitano sostanzialmente carne e pesce e in generale alimenti che comportano la morte degli animali. Quindi, per dire una cretinata, anche la gelatina per torte, avete presente quella che vendono in foglietti trasparenti che sembrano plastica? ecco, deriva da pelle suina (il pensiero di una crostata ricoperta di maiale può fare un po’ schifo, lo so). Mangiano invece le uova e il latte ed i suoi derivati, ad eccezione –immagino- dei formaggi cagliati con caglio animale (derivato dallo stomaco bovino o in alcuni casi suino). L’etica retrostante è generalmente animalista, e risponde al principio di “se amo gli animali non me li mangio” (che effettivamente, se uno è animalista, ha una sua logica).

Il veganesimo è un po’ diverso, nel senso che non è propriamente uno stile alimentare, o meglio, non è solo quello. L’etica retrostante è che tutte le specie animali (viventi e senzienti) hanno pari dignità, quindi devono essere evitati tutti quei comportamenti che determinino sofferenza animale, in ogni sua forma. Quindi ovviamente non mangiano carne e pesce, ma neanche uova e latticini perché gli allevamenti intensivi di bestiame finalizzati alla loro produzione sono comunque fonte di sofferenza per l’animale (effettivamente non sono proprio hotel a 5 stelle). Ma neppure utilizzano altri materiali di origine animale (articoli e indumenti in pelle, lana, seta) nè farmaci, detergenti o cosmetici testati su animali. Insomma, nulla che nel suo processo di produzione abbia comportato l’utilizzo di un animale. Quindi se credevate che essere vegano è difficile a tavola, negli altri ambiti della vita lo è anche di più.

 

Questa è un po’ la teoria. La pratica è che se un vegano e un onnivoro discutono di alimentazione, il più delle volte rischia di finire a bottigliate in faccia. Perché sostanzialmente ognuno vuole avere ragione, e la ragione come sempre non è mai tutta da una parte sola. La mia personalissima (e quindi insignificante a fini scientifici) opinione è la seguente: per un onnivoro è impensabile eliminare tutti i derivati animali dalla dieta (retaggio culturale recente, i nostri nonni erano involontariamente vegano per la maggior parte dei pasti) e quindi tratta il vegano come un pazzo visionario, Dall’altra parte invece il vegano, forte delle sue convinzioni ideologiche, purtroppo molto spesso dà l’idea di voler fare proselitismo, rischia di diventare giudicante e quindi veicola un messaggio -che nella sua teoria è pure condivisibile- in una maniera che farebbe girare i coglioni irriterebbe anche San Francesco.

 

Io non sono vegana, né precisamente vegetariana né propriamente onnivora, tanto per chiarire che non ho nessun interesse a difendere una causa piuttosto che un’altra. A tempo perso mi interesso di nutrizione sana, sono abituata –per formazione professionale- a documentarmi su riviste scientifiche per poi spassarmela sui forum a leggere le pirlate che girano, quindi quello che vorrei fare oggi è prendere le critiche più frequenti che si trovano in giro, riguardanti uno stile alimentare o l’altro e vedere se hanno o meno una base reale. I link che metto sono a volte di articoli interi, altre volte solo di riassunti (abstract), perché ci vogliono abbonamenti speciali per averli interi, tutti provenienti da pubmed, uno dei principali e più autorevoli motori di ricerca per letteratura scientifica, http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed.

 

 “La carne si è sempre mangiata, adesso invece dicono che fa male, sono solo interessi economici, è tutto un complotto”.

Allora, se siete complottisti (onnivori o vegani non fa differenza) ciao, smettete pure di leggere che tanto è inutile discutere. Se siete fan della teoria “è sempre stato così quindi è giusto così” sappiate che mondo si evolve, spesso anche in meglio, fatevene una ragione.

Ha fatto uno scalpore allucinante ad ottobre 2015 lo studio condotto dallo IARC ( International Agency for Research on Cancer) e sostenuto dall’OMS, (http://www.thelancet.com/journals/lanonc/article/PIIS1470-2045(15)00444-1/fulltext) presentato dai giornali come “lo studio che dice che la carne è cancerogena”. Chiariamoci: lo studio dice una cosa un tantino diversa. Per chi non ha voglia di leggersi tutto il pippone su Lancet, vi faccio io un rapido riassunto. Hanno preso un numero grandissimo di studi, per la precisione 800, li hanno divisi per metodologia di studio (qui si scende nel tecnico quindi salto) e per tipo di tumore indagato, e alla fine hanno trovato che un numero significativo di studi dimostrava che il consumo (ATTENZIONE!!!!) quotidiano di 100 grammi di carne rossa più 50 grammi di carne lavorata (insaccati, wurstel ecc) aumenta di circa il 18% l’incidenza di tumore del colon retto nella popolazione. Una roba che a me hanno insegnato all’università nel 2003 (giuro giuro, devo avere ancora in giro la sbobinatura della lezione) senza neanche darla come la notizia del secolo, ma come cosa risaputa.

Peccato che un’informazione corretta, con basi scientifiche solide e pure verosimile (quel quantitativo di carne se ci pensate è proprio tanto, da sempre si consigliano al massimo tre porzioni settimanali) sia stata venduta dai mass media come “la carne rossa fa venire il cancro”. È l’equivalente di dire “lo zucchero nel caffè fa venire il diabete”. Si, se ce ne metti 5 kg.

Insomma, a me pare che di per se lo studio sia tecnicamente molto ben condotto e che metta una volta per tutte per iscritto delle nozioni che, in campo medico, si sanno da anni. Non a caso l’incidenza del cancro del colon retto è schizzata alle stelle negli anni 70-80, quando con la ripresa economica l’alimentazione è passata da alimentazione “mediterranea” (come diceva un mio professore: pane e pomodori in estate, pane e cipolle in inverno) ad alimentazione molto più “proteica”.

 

 “Il latte fa malissimo, è un veleno”.

In natura il latte viene consumato dagli animali solo durante lo svezzamento (anche se di recente in una fattoria ho scoperto che alcune mucche potendo se lo bevono anche da adulte, andandolo a “rubare” ad altre mucche) e ogni animale beve in natura solo il latte prodotto dalla sua specie.. L’uomo invece lo consuma anche da adulto, e per di più altri animali (in Italia mucca e capra, per lo più). Questo spesso viene definito “contro natura”. Vabbè, se è per questo è contro natura anche prendere l’aereo. Ma il latte fa davvero male?

Breve riassunto di fisiologia: per poter continuare a vivere il pH (l’acidità) del nostro sangue deve stare entro dei limiti stabiliti. Se aumenta o diminuisce troppo (per vari motivi, tra cui l’alimentazione) il nostro organismo, che cerca sempre di salvarsi e arrivare a sera, mette in atto vari meccanismi per riportare i valori entro un limite di sicurezza. Il metabolismo delle proteine porta alla produzione di acidi, quindi il pH si abbassa. Quando questo succede, vengono mobilizzati vari ioni che “tamponano” questa acidità eccessiva, e tra questi ioni c’è anche il calcio, che sta (anche) nelle ossa. Il sillogismo che ne consegue è: bevo latte che proteine animali -> acidifico il sangue -> mobilito calcio dalle ossa = bere latte impoverisce le ossa perché “ruba” il calcio. A me pare una semplificazione estrema e un tantino fraudolenta, perché non considera due fattori fondamentali, cioè la quantità di latte che bevo al giorno (certo che se ne bevo 5 litri al giorno qualche effetto collaterale ce l’avrò, tipo diventare un vitello) e il fatto che è il metabolismo delle proteine ad acidificare l’organismo, quindi proteine del latte, della carne e lei legumi allo stesso modo… perché allora accanirsi proprio sul latte?

L’altra argomentazione contro l’utilizzo del latte è la questione dei fattori di crescita (o grow factor). Essendo il latte –di qualunque specie- un alimento destinato principalmente a nutrire un essere in crescita (il cucciolo), è cosa buona e giusta che contenga dei fattori di crescita, cioè sostanze che stimolano la crescita cellulare. Lasciamo perdere come ciò accade perché è complesso, però consideriamo che le nostre cellule sono altamente specializzate, ci sono le cellule della pelle, quelle dei muscoli, quelle del sangue… e visto che siamo macchine perfette i fattori di crescita non sparano nel mucchio, ma sono anzi estremamente specifici: quel fattore di crescita stimola solo quel tipo di cellula, non un’altra. Anche qui si crea un sillogismo un po’ semplice: bevo latte che contiene fattori di crescita -> viene stimolata la crescita delle mie cellule = mi viene un tumore.

In realtà la letteratura scientifica non è mica così d’accordo… ci sono studi che dicono una cosa e altri che dicono il contrario. E ogni studio va a valutare l’incidenza di un fattore in un tumore specifico (colon, mammella, ovaio, stomaco ecc), non si può mai parlare di cancro in generale. Come si fa in questi casi? Si cercano le review, cioè articoli dove lo scienziato invece di farsi uno studio per conto suo, prende tutti gli studi già fatti su quell’argomento, li analizza a fondo e tira le conclusioni. Deve essere una gran rottura di palle stendere una review, ma sono sempre eternamente grata a questi studiosi che fanno il lavoro sporco per noi. E su pubmed ho trovato questa review molto carina (http://www.scielosp.org/pdf/spm/v58n2/0036-3634-spm-58-02-00261.pdf) dove viene analizzata la qualunque ma alla fine il latte non trova menzioni particolari. Quindi la questione che il latte è un veleno non è dimostrata, e la chiuderei qui.

 

“Gli allevamenti animali intensivi non sono ecosostenibili”.

Effettivamente per come sono concepiti attualmente non lo sono. Non parlo di sofferenza per gli animali che vi vengono allevati, parlo proprio di sostenibilità in termini ecologici: fanno male al pianeta. Se ci pensiamo per nutrire delle mucche servono acqua e fieno/cereali (e tanto altro, ma semplifichiamo): se utilizziamo il campo destinato al fieno per coltivare cereali o legumi, e l’acqua per dissetare gli umani, non dico che elimineremmo il problema della fame nel mondo, ma quasi.

La questione è abbastanza recente, perché una volta ognuno si mangiava la mucca o il maiale che si cresceva in cascina, un animale bastava per diverse famiglie e per un tempo lungo. Oggi la richiesta di carne è più alta perché se ne mangia di più, c’è molto più spreco di alcune porzioni non raffinate, mica tutti hanno un cortile dove crescere il maiale e quindi sono sorti gli allevamenti intensivi per carne/latte/uova.

Stanno spuntando in giro degli allevamenti sostenibili, meno aggressivi verso il territorio e anche meno crudeli verso gli animali ma ovviamente hanno una produttività minore (ed un costo maggiore), quindi per far si che siano sufficienti a soddisfare la richiesta, l’unica possibilità è abbassare la richiesta stessa.

“Eh ma allora come si fa? Chiudiamo tutti gli allevamenti? E i posti di lavoro???”. Mica ho detto che è facile ed immediato, ho semplicemente detto che il problema è reale. Passiamo alla prossima.

 

“La dieta vegana porta a deficit di vitamina B12”.

La vitamina B12 (cobalamina) è un micronutriente essenziale (cioè non ce lo possiamo produrre da soli, dobbiamo assumerlo col cibo) che interviene in millemila processi. Per farla breve è importante soprattutto nello sviluppo del sistema nervoso (quindi la sua carenza dà problemi soprattutto in gravidanza e nei primi mesi/anni di vita, ma anche nell’adulto possono comparire segni neurologici) e nella produzione di globuli rossi, quindi una sua carenza può portare ad un tipo particolare di anemia.

La vitamina B12 può essere in forma attiva o inattiva, che come dice il nome a noi non serve a una mazza. La forma di B12 attiva si trova in prodotti di origine animale ma anche vegetale, solo che in questi ultimi non è in concentrazione tale da essere sufficiente per l’uomo.

Che una dieta strettamente vegana porti ad una carenza di vitamina B12 non è una leggenda metropolitana ma è scienza (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26840251; http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26502280), quindi i vegani sono caldamente invitati ad assumere un integratore di B12, soprattutto in gravidanza e allattamento. Documentandomi ho trovato la seguente critica: la B12 è presente in dosi massicce nella carne perché il bestiame assume cibo arricchito con B12, non perché è “naturalmente” presente nella carne”. Onestamente su questo argomento non so che dire, non ho trovato materiale sufficientemente autorevole in merito, nel caso se ne avete indicatemelo voi.

 

Scusate, faccio qui un breve inciso sulla cattiva informazione: è successo a volte di vedere soprattutto su giornali on line notizie del tipo “Gravissimo bimbo di genitori vegani, ricoverato per denutrizione/carenze”. E da lì orde di forcaioli ad invocare “che gli vengano tolti i figli a quella gente lì”. Ora, mettiamo anche che la notizia di per sé sia vera, fermi tutti e ragioniamo: ci sono persone intelligenti tra i vegani e persone intelligenti tra gli onnivori, così come ci sono cretini tra i vegani e cretini tra gli onnivori. Dire che tutti i genitori vegani portano alla denutrizione i figli è come dire che tutti i genitori onnivori portano alla sindrome metabolica (iperglicemia, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa) i propri. E sono argomentazioni che ho sentito da entrambe le parti.

Fine dell’inciso.

 

“I cibi vegani costano molto”.

Questo è un equivoco creato dall’industria del food, ramo che io combatto con le unghie e coi denti, perché ci convince che non possiamo fare a meno di un sacco di roba inutile (e malsana), quando invece potremmo farcela a casa con pochissima spesa, un po’ di impegno e la certezza della provenienza degli alimenti. Scusate, ho questa mania dell’home made in cucina, ma mangiare qualcosa che non so come e con cosa sia stato fatto (e le liste ingredienti non sono rassicuranti) proprio non ci riesco. Com’è che il pane fatto in casa dura due giorni e quello confezionato scade dopo sei mesi? Uh guarda, cosa sarà sta sigla sconosciuta tra gli ingredienti?

Insomma, guardando la televisione uno si fa l’idea che i vegani campino a macinato di soia, cubetti di tofu e scaloppine di seitan, e se vai vedere il prezzo al chilo di questi prodotti ti costa meno prendere un filetto di chianina. Però se poi uno conosce un vegano in carne ed ossa scopre che in genere preferisce farsi una ribollita toscana, un piatto di orecchiette con cime di rapa o una polenta ai funghi. E se si informa ancora un po’ scopre anche che se proprio uno è drogato di latte di soia, tofu e seitan, può farseli a casa con una spesa ridicola, e un po’ di pazienza (ma secondo me vince sempre la polenta e funghi). Quindi no, non costa tanto, e non è neanche monotono, anzi: non essendoci più l’alibi della bistecchina si è un po’ più motivati a provare e sperimentare cibi nuovi.

 

Ma quindi? C’è un giusto ed uno sbagliato? Che dobbiamo fare?

Dobbiamo come sempre usare il buonsenso. Abbiamo la percezione che “una volta” la carne si mangiava senza problemi, ma se chiediamo ai nostri nonni la mangiavano molto raramente, la dieta di base era polenta al nord e pane/pasta al sud, qualche verdura dell’orto e buona notte. In cambio la maggior parte della popolazione faceva lavori manuali anche molto impegnativi (contadino, pescatore, manovale…) che consentivano un metabolismo di un certo tipo. Oggi abbiamo un accesso a cibi estremamente raffinati, spesso più calorici ma paradossalmente meno nutrienti (cioè più poveri di nutrienti essenziali) a fronte di lavori spesso sedentari e palestra settimanale da settembre a novembre perché poi viene buio presto e chi me lo fa fare.

Tanti cibi che fino a pochi decenni fa erano comuni e tradizionali, tipo i cereali in chicco o i legumi, adesso magari stanno anche un po’ tornando, ma non sono sicuramente alimenti preferenziali (secondo me anche perché tra ammollo e cottura ci vuole una vita, e allora è più facile fare la pasta o la bistecca).

Le principali linee guida invece su questo sono chiare: di base è meglio evitare gli alimenti lavorati, tornare un po’ all’origine, quindi i cereali vanno benissimo, ma meglio ancora se in chicco (orzo, riso, farro ecc) e meglissimo se integrali. Via libera ai legumi, soprattutto associali ai cereali, con i quali si completano diventando un alimento perfetto, e frutta e verdura a piacere. I grassi sono fondamentali, ma meglio vegetali (olio d’oliva, semi, frutta in guscio).

E la carne? Il pesce? Le uova? I latticini? Tutto bene, state sereni, non fanno male in termini assoluti, solo non abusatene, considerateli un po’ come un dessert, come il “premio” e non come il piatto forte, ecco.

 

Vi avevo promesso di essere breve, chiara e senza troppi pipponi. Mi sa che non ci sono riuscita.

Vi lascio con due richieste, sia per quanto riguarda l’alimentazione che la vita in generale.

La prima è: informatevi! Internet è utilissimo in questo, va solo usato con la testa, accertatevi dell’origine credibile delle informazioni (in generale i forum non lo sono, i siti degli organi ufficiali si) e se non ci capite molto chiedete a qualcuno di esperto. Poi magari non cambierete una virgola nella vostra vita, ma almeno lo farete in maniera consapevole.

La seconda è: non fatevi fregare dalla prospettiva. Il modo in cui una cosa ci viene detta non sempre è quello maggiormente obiettivo. Cercate altre fonti, fate paragoni. E magari scoprirete che hanno tutti, a modo loro, ragione.”

pace

 

 

PILATES: di cosa si tratta?

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Buongiorno reclute! Tutti abbiamo sentito parlare di Pilates, ma quasi nessuno di voi sa in realtà di cosa si tratta vero? Bene, ho deciso di dare spazio a una bravissima insegnante, Serena, che in poche righe ci spiegherà cosa è, e cosa non è questo metodo di allenamento. Leggete qua sotto:

 Le basi del metodo

Il metodo nacque all’inizio del ‘900, quando un esperto trainer di nome Joseph Hubertus Pilates (1880-1967) si propose di fondere i principi delle discipline orientali e occidentali in una nuova tecnica da lui chiamata Contrology: la mente e il corpo cooperano nell’esecuzione di movimenti precisi, fluidi e controllati per migliorare non solo la forma fisica ma anche la consapevolezza di sé, correggendo la postura e tonificando sia il fisico che la mente. “In 10 lezioni sentirai la differenza, in 20 lezioni vedrai la differenza e in 30 lezioni avrai un corpo nuovo”.

 

Oggi il Pilates è un programma di allenamento completo che si concentra sui muscoli posturali, cioè quei muscoli che aiutano a tenere il corpo bilanciato e stabile (pavimento pelvico, trasverso dell’addome, retto dell’addome, obliqui interni ed esterni), ma che rinforza efficacemente anche il periferico (gambe e braccia).Con esercizi mirati mobilizza la colonna vertebrale e le articolazioni, mantenendone l’elasticità e la libertà di movimento. Per questo il Pilates è molto utile per alleviare e prevenire il mal di schiena.

Migliora la consapevolezza del proprio corpo, la percezione dello scheletro e dei muscoli e il controllo dei movimenti nello spazio. Prevede esercizi che allenano anche l’equilibrio, incoraggiando la percezione dell’appoggio del piede, l’attenzione al trasferimento del peso e l’allineamento degli arti.

Si pratica eseguendo ogni esercizio con grande precisione, mantenendo la concentrazione su se stessi e sulla respirazione. Per questo motivo è meglio allenarsi con un sottofondo musicale basso o nullo, ascoltando solo la voce dell’insegnante che guida. La lezione può essere svolta in gruppo o privatamente.

Gli esercizi possono svolgersi a corpo libero su un tappetino (mat work), con l’ausilio di alcuni attrezzi o utilizzando particolari macchine ideate dallo stesso Pilates.

Le macchine

 Le macchine costruite sui modelli ideati da Pilates sono il Reformer, la Cadillac, la Chair. Hanno la funzione di guidare il movimento creando resistenza e/o assistenza.

Il Reformer è un carrello che con un sistema di cinghie e molle azionate dalle braccia o dalle gambe scorre sulle guide. Le molle sono di diverse forze e garantiscono diverse intensità di lavoro. Sul carrello si può stare sdraiati, seduti, in ginocchio, in piedi e la quantità di esercizi possibili è incredibile. La Cadillac è un lettino in legno su cui è installata una struttura metallica che permette l’inserimento di molle, cinghie ed accessori in diverse posizioni, altezze ed angolature. Rispetto al corpo libero permette di compiere gli esercizi in maniera più controllata perché oltre a offrire resistenza guida anche il corpo nei suoi movimenti.
Come il Reformer e la Cadillac anche la Chair è fornita di molle di diversa tensione per opporre forza o facilitare il movimento.

Il Matwork

Il Matwork è la parte del metodo Pilates a corpo libero.

Ci si può avvalere di piccoli attrezzi : elastici, pesi, cerchietti per incrementare la resistenza durante l’esecuzione oppure roller e palle di diverse dimensioni per creare instabilità e allenare i muscoli stabilizzatori (multifido in particolare). Contrariamente a quanto si può pensare in alcuni momenti il matwork può richiedere controllo e forza maggiori rispetto al lavoro eseguito sui macchinari.

Come vestirsi?

Un consiglio sull’abbigliamento: mentre non è necessario indossare scarpe (meglio semplici calzini), è bene utilizzare abiti morbidi e comodi, ma non troppo larghi affinché l’insegnante possa verificare la correttezza dei movimenti. Per le donne sarà più comodo un reggiseno a top senza gancetti sulla schiena.

Lezione di gruppo o individuale?

Meglio cominciare con un istruttore esperto e qualificato. E’ importante imparare da subito i fondamenti del metodo e della respirazione e gli esercizi base. Dopo un breve training con le lezioni individuali, se non si hanno particolari problemi fisici, si può passare alle lezioni semi-private (con tre/quattro persone).

Quando?

Un’ora, 2 volte a settimana è l’ideale. E’ importante che l’allenamento sia regolare.

Cosa il Pilates non è?

Il Pilates non è un lavoro aerobico che aumenta il battito cardiaco bruciando grassi. Anche se ottimo per tonificare i punti critici (glutei, ventre e fianchi) non è un’attività mirata al dimagrimento. Tuttavia se nell’esecuzione degli esercizi gli addominali vengono attivati in modo corretto, in poco tempo il giro vita risulta più sottile. La mossa vincente per la perdita di peso è abbinare il Pilates a un’attività sportiva complementare, come la corsa o il nuoto.

Il Pilates non è una disciplina con implicazioni spirituali come lo yoga o il reiki.

 

Per chi?

Poichè ogni esercizio si può modificare, rendendolo più dolce o più sfidante e faticoso secondo le esigenze del cliente, il Pilates risulta adatto a tutti ed è indicato a qualsiasi età, l’importante è essere seguiti in modo professionale, valutando le specificità soggettive.

Per chi fa vita sedentaria ed è stanco di sentirsi rigido,

per chi pratica sport anche ad alti livelli e vuole migliorare le sue performances,

per chi ha mal di schiena, protrusioni, ernie e patologie della colonna vertebrale o delle articolazioni,

per chi vuole correggere difetti posturali,

per donne in gravidanza dopo il terzo mese,

per mamme che vogliono rimettersi in forma in fase post-parto,

per chi ha terminato un percorso di riabilitazione fisioterapica e vuole mantenerne i benefici,

per gli anziani che vogliono recuperare elasticità nei movimenti e sentirsi più giovani,

per chi vuole un’alternativa alla classica palestra.

Io credo che più chiaro di così non potrebbe essere! Bene, se volete contattare Serena per prenotare una lezione, o anche solo per maggiori chiarimenti non esitate a farlo tramite la sua pagina Facebook:

https://www.facebook.com/serena.denaro.50?fref=ts

oppure chiamate direttamente il sottoscritto che provvederà a mettervi in contatto telefonico!

MI viene in mente una famosissima citazione: “la potenza è nulla senza il controllo”…

Sempre vostro nella Forza!

Marcopower